Vuoto e pieno

Cara Virginia, girellando su Tumblr (sul quale è presente anche il nostro blog) ho trovato una citazione da Marc Levy che mi ha colpito:

“Davvero uno strano concetto, il vuoto. Il vuoto è pieno di cose a noi invisibili. Il tempo, da parte sua, passa e cambia tutto, modifica la corsa delle stelle, culla il cosmo con un movimento permanente e anima il gigantesco ragno della vita che cammina sulla tela dell’universo. Non è una dimensione affascinante, questo tempo di cui ignoriamo tutto?”

pieno e vuoto jing

Marc Levy è uno scrittore francese di cui ho sentito parlare ma non ho mai letto nulla. Su vuoto e pieno si basano certe filosofie orientali di cui non so quasi nulla. Ma mi piace l’idea che il vuoto non esista, che sia un pieno che non siamo capaci di vedere. L’universo non è vuoto. Noi non siamo vuoti, una testa vuota è un modo di dire. Eppure il senso del vuoto ce l’abbiamo. Che si manifesta come incapacità, in certi momenti, di vedere il pieno. Alle volte perfino come una percezione fisica. E’ forse per questi momenti che andrebbe salvata questa citazione, non pensi?

Pondering Antonia

Cara A., mi vengono in mente le varie discussioni che alcune amiche buddiste mi hanno regalato e di cui, non praticando questa disciplina filosofica, so poco anch’io. Ma so che il vuoto o il concetto di vacuità (da non confondere sia ben chiaro con vaghezza) è un perno di questa filosofia e che non spaventa affatto chi pratica la meditazione. Leggendo infatti il tuo commento coglievo soprattutto il senso negativo del termine e mi trovavo ad alzare il sopracciglio, come a dire: che c’è di male nel vuoto, nell’assenza di pensieri? Anzi forse è un buon modo per cominciare a riflettere, liberandosi delle “impalcature”. Certo è un vuoto che si prepara ad altro, credo. Ma qui spero di essere aiutata da qualcuno/qualcuna che ne sappia più di me. A me il senso del vuoto non spaventa, purchè sia armonico, cioè me lo sia procurato io. Sarà il solito problema del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

V.

La meditazione, quella seria

Lievitazione_galleria_milano
Cara A., questa te la devo proprio raccontare. Ecco che cosa ho visto mentre sfrecciavo in bicicletta in Galleria, a Milano. Due uomini, piccoli nel corpo, con un’apparente mente potente. Giuro, da brava occidentale che ha visto più di un film su Houdini ho girato intorno; ho cercato il famoso filo invisibile. Dunque: non l’ho trovato, ma mi sono ricordata i racconti delle mie amiche buddiste sulla forza della meditazione, sulla capacità del pensiero che rasenta l’incredibile, per noi che abbiamo sempre maggiori disturbi dell’attenzione. Mi dicono che i lama, questo il nome dei “sacerdoti” buddisti, sono in grado di astrarsi dal proprio corpo; compiono  viaggi senza l’ausilio del corpo o di altri mezzi di trasporto convenzionali. Tutto con l’esercizio della concentrazione e della meditazione. Tanto che alla morte di un lama si attendono altri segnali oltre all’arresto delle cosiddette funzioni di base quali il respiro e l’arresto cardiaco. Si attendono molti giorni  per decretare effettivamente il decesso e dare avvio alle cerimonie funebri, con una pietà ed un cordoglio di cui son curiosa. Come della meditazione, che sembra un’arte tra le tante in via d’estinzione. Che non se ne abbiano i buddisti, gli uomini ritratti nella foto sono fachiri.

V.

Cara Virginia, interessante davvero, sembra un seguito delle nostre considerazioni di ieri sulla leggerezza. Anche se qui la leggerezza è l’altra faccia della potenza. E della potenza dello spirito, come mi viene da chiamarlo (perché mi sembra un termine che abbracci tutto quello che è immateriale, che è dentro di noi, e dunque non solo il pensiero) ci sono anche manifestazioni meno spettacolari ma altrettanto incredibili: che dire degli anni di sopravvivenza di Nelson Mandela in una prigione, indomito e indomabile? O di altri spiriti, e corpi, sopravvissuti nelle condizioni più intollerabili, di cui sono rimaste tracce nei libri e nella storia?

Obliging Antonia