Woody Gipsy Band: giovani, carini e talentuosi

Cara Virginia, non ho bisogno di presentarti la Woody Gipsy Band perché li hai conosciuti anche tu. Oggi sono a Ferrara, al Buskers Festival, e so che si stanno divertendo un sacco: suonare misurandosi con la strada e con le offerte della gente è una cosa che ai musicisti piace un sacco. Mi ricordo addirittura una trasmissione della BBC in cui diversi gruppi musicali suonavano per strada e si sfidavano a suon di quante sterline avevano raccolto, e i risultati erano spesso sorprendenti, perché oltre al saper suonare, che come dire è il minimo sindacale, per strada conta la simpatia, l’arte di sorprendere, il gusto di fare spettacolo con solo se stessi e gli strumenti, la capacità di capire al volo la risposta del pubblico. Ecco, questo i ragazzi della Woody Gipsy Band ce l’hanno. E noi gli auguriamo un futuro luminoso: non solo di strada ma anche di veri concerti. Speriamo che quando saranno diventate delle star si ricordino di noi!

Musical Antonia

La band al gran completo!!

La band al gran completo!!

Cara Antonia, mi sono divertita da matti nella serata che ci hanno regalato. Mi sono divertita a vedere le mani agili e veloci sulle corde degli strumenti. E mi ha impressionato la perfetta sintonia che ha regnato durante tutto il concertino improvvisato, si fa per dire, tra un prosecco e l’altro. Dico improvvisato si fa per dire perchè mi han dato l’idea di non improvvisare proprio nulla e di amarla profondamente la musica che fanno, con divertimento e intelligenza.

Tanto per gradire, ci hanno concesso la registrazione di un pezzo, ma potete andare anche sul loro sito che ospita un’intera colonna sonora:

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Insegna(mento) da Montelparo

Cara Virginia, torniamo alle insegne che ci danno sempre tanta soddisfazione. Questa è una lastra scolpita e inserita in un muro di pietra dal quale, per fortuna, non potrà essere rimossa se non con distruzione completa della casa.

La cassetta della posta... di quanto tempo fa? Almeno cent'anni, penso. Ci sarà ancora qualcuno che la usa, invece di consegnare la busta al vicino ufficio postale?

La cassetta della posta… di quanto tempo fa? Almeno cent’anni, penso. Ci sarà ancora qualcuno che la usa, invece di consegnare la busta al vicino ufficio postale?

Impostazione. Ai tempi dell’insegna, che io dato almeno cento anni fa ma potrebbero essere ben di più, probabilmente impostazione voleva dire soprattutto quello, mettere nella cassetta della posta. Ora è il significato numero due sul Devoto Oli, e il primo è quell’impostazione che usiamo normalmente, per un progetto o un lavoro. Ma se cerchi “impostazione” su Google ti dà la pagina iniziale del browser. E il nucleo “post” è quello che facciamo tutti i giorni o quasi su questo blog. In fondo le nostre lettere vengno postate invece che impostate… tutto cambia, ma tutto resta uguale (citazione imprecisa dal Gattopardo, lì si parlava di politica ed era più triste).

E che dire ai puristi della lingua che si turbano quando si usa una parola in un modo diverso, magari creativo? La lingua è viva e lotta insieme a noi… Tu che ne pensi, Virginia cara?

Yours Antonia

Cara Antonia, citanto il titolo di un libro di Carlo LeviLe parole sono pietre e come tali van trattate; un tempo venivano scolpite nella pietra e la nostra insegna, scovata per caso vicino a Offida, ce lo dimostra; in questo caso l’insegna ha un uso pratico, ufficiale. Eppure ci è sembrata tenera: a me ha evocato vecchie scene di cavalli e conducenti che si muovevano da una “Posta” all’altra per consegnare missive e plichi che per arrivare a destinazione ci mettevano giorni. Ci mettevano giorni anche per essere scritte, le missive: non sempre il mittente era in grado di scrivere e leggere, ma si affidava allo scrivano, che di mestiere faceva proprio questo, tanto che poi con l’avvento dell’istruzione obbigatoria, di neanche tanto tempo fa, è sparito. E qua mi viene in mente la scena di Miseria e Nobiltà, dove Totò è lo scrivano Felice Sciosciammocca, che di Felice ha solo il nome, vista la miseria in cui versa, e impiega una scena di un buon minuto per scrivere una lettera per il suo cliente di turno. Quando arriva alla fine, scopre che il cliente non potrà pagarlo.  Mica un click… insomma conversazioni di altri tempi.

Ps: Oltre alla scena dello scrivano

cito quella della spesa, altrattanto esilarante e  la propongo:

 

Virginia

Riflessioni dalle vacanze: la banalità (del bene e del male)

Cara Virginia, eccoci rientate entrambe alla base. Pensavo alla banalità, stamattina. Questa parola che sembra farci orrore. Eppure: al ritorno dalle vacanze, se nessuno, banalmente, ci chiedesse dove siamo stati e come siamo stati, ci sentiremmo trascurati; se nessuno commentasse le abbronzature, i visi distesi, il gioiello esotico o un foulard nuovo, ci sembrerebbe di passare inosservati; se qualcuno dei nostri amici o colleghi non dicesse “si sta meglio in vacanza”, oppure “non sono ancora tornato con la testa”, o anche “meno male che fra poco è Natale”, ci sembrerebbero tutti snob. Evviva la banalità!

I gabbiani raccolti sul tetto di una casa sul mare

I gabbiani raccolti sul tetto di una casa sul mare

E poi ho pensato ad un’altra banalità, quella stracitata di Hannah Arendt, la banalità del male. Non ho letto l’intero libro ma solo citazioni e riferimenti in abbondanza. Dunque non mi posso permettere una critica, ma un’osservazione che mi è venuta spontanea: il male sarà anche banale nel senso che lo può fare chiunque, ti può arrivare da dovunque, e viene compiuto con indifferenza. Ma il male che ti arriva, o il male che senti arrivare ad altri, quello non è mai banale. E’ anzi sempre molto specifico, molto preciso.

Per fortuna, lo stesso si può dire del bene. Che può sembrare anche lui banale, spesso così banale che nessun media se ne occuperebbe. Ma che arriva altrettanto preciso e incontrovertibile.

Mamma mia che pesantezza per un ritorno dalle vacanze. Vuoi dargli un’alleggerita tu?

Antonia is a bore?

Cara Piuma Antonia, ci provo a essere piuma! E faccio l’ironica (qualcuno ha detto che l’ironia è un modo per dire la verità, mentendo): il libro di Hannah Arendt aveva una conclusione tremenda; il male, che un tempo, nella cultura occidentale, era frutto del Diavolo, era divenuto frutto delle azioni di meri tecnici, esecutori di ordini, che avevano eliso la propria coscienza. Il Diavolo come essere affascinante, in grado di ribaltare l’ordine delle cose, avrebbe dato un alone di maggior mistero al male compiuto: in fondo il patto per la perdita dell’anima in cambio di un altro bene è una transazione e come tale una scelta, una sorta di scambio. Il male per il male è assai più noioso, manca di fantasia ed è forse questo che lo rende un atto più pericoloso, meno rispettoso di chi è costretto a subirlo. E tanto per essere manichea, direi che lo stesso vale per il bene; se continuiamo a pensare a queste due categorie, mi vien da pensare che non l’abbiamo ancora risolto il peso: il male ci fa male e il bene ci fa bene, qualsiasi cosa questo voglia dire. Un bel corso di formazione sulla gestione del Bene e del Male, potrebbe aiutare? Visto che l’intera vita e le letture ancora poco risolvono?

Banalmente, come sono andate le tue vacanze?

La piuma Virginia

Preparandosi al tennis 2: Open di Agassi

Cara Virginia, parliamo di un libro che abbiamo letto entrambe tempo fa, quando ancora non avevamo un blog e forse non pensavamo neanche che lo avremmo avuto. E’ Open di Agassi.

Il libro di André Agassi

Il libro di André Agassi

Me lo sono ricordato perché una mia amica, che in questo momento è in Norvegia, a Larvik, a fare il Trofeo Marisa Sgaravatti ovvero il campionato europeo femminile seniores di golf, portanto alta la bandiera italiana e attrezzata di divisa azzurra, nelle pause e la sera (che a Larvik non c’è molto da vedere o da fare) se lo legge, per rilassarsi e trarne ispirazione.

E così in effetti è. Perché oltre ad essere un libro ben scritto e ben costruito, oltre ad essere Agassi un personaggio come non ce ne sono altri, oltre a raccontare con estema onestà le sue fatiche e le sue sconfitte e i suoi successi, te ne viene una visione dello sport molto più realistica di quella che ci ammaniscono i giornali. Colpisce per esempio il numero di sconfitte che un campione di quella portata ha subito, e quanto bruciano e quanto poco le vittorie compensano. Colpisce la fatica che Agassi ha fatto, sempre. E smonta quella stupida convinzione che un campione abbia un talento naturale e sia quello che lo fa vincere. Certo il talento c’è, ma soprattutto c’è la resistenza.

new yorker

E questo mi fa venire in mente un articolo che ho letto non molto tempo fa sul New Yorker, di Malcolm Gladwell, intitolato “Alberto Salazar e l’arte dello sfinimento”: il maratoneta Salazar a un certo punto dice “What I could do is simply push myself through that exhaustion”.

Dunque in previsione del nostro tennis, Virginia, sei pronta ad andare oltre lo sfinimento?

Antonia ready for the holidays

Tranq e le zucchine oversize

Cara Virginia, comincio tranquillizzando che anche in tua assenza il blog sopravvive e va avanti.

E non ho usato il termine tranquillizzare a caso. Perchè la protagonista del post di oggi è la collega e amica Chiara detta Tranq, soprannome che lo ha dato quando, di fronte a una mia preoccupazione o dimenticanza o altro, mi diceva, “ma no, tranq!”. Ora sulla scrittura della parola tranq ci sono diverse scuole di pensiero: io la scrivo con la q come si vede qui. La creatrice della parola la scrive con la k. Tu Virginia una volta che l’hai scritto hai usato la c. Vedi come un’abbreviazione innocente e gentile si presta a diverse interpretazioni…

Comunque ringrazio Tranq per delle zucchine oversize che mi ha portato dal suo orto.

La zucchina oversize di Tranq

La zucchina oversize di Tranq

Naturalmente è finita subito in padella, che destino migliore non le poteva toccare!

La zucchina oversize in attesa di trifolatura. Le dimensioni della padella non sono irrilevanti, vi assicuro!

La zucchina oversize in attesa di trifolatura. Le dimensioni della padella non sono irrilevanti, vi assicuro!

Con un filo d’olio e un po’ di erba cipollina, ecco un contorno semplice, sano e gustoso! Quanto ai detrattori che potrebbero insinuare che un orto vicino a Milano potrebbe produrre frutti e verdure oversize per motivi non biologici, in realtà etimologicamente il parallelo tra la zucchina e la zucca ci rassicura. E dunque le zucchine che compriamo nei negozi o al super sono semplicemente state colte prima che crescessero e assomigliassero troppo ai loro parenti…

Cara Tranq, se ti avanzano altre verdure oversize, sai dove portarmele…

Silly Antonia

Preparandosi al tennis

Cara Virginia, non so dove la tua missione “Dal Manzanarre al Reno” oggi ti abbia portata. Qui fa un gran caldo e si lavora. Per fortuna si lavora al fresco, almeno io personalmente.

E facendo una ricerca in rete su chi ha parlato del chiacchierato “Facciamoci avanti” di Sheryl Sandberg ho trovato un articolo che paragonava i consigli del libro a una certa modalità di insegnare il tennis. Racconta Odile Robotti, la brava blogger di Leadership Femminile, di quando da ragazzina prendeva lezioni di tennis e le dicevano “devi colpire la palla al centro della racchetta”. Noi che giochiamo e ci dedichiamo ma siamo superdilettanti sappiamo quanto inutile sia questo tipo di indicazione. Certo che vorrei colpire la palla al centro della racchetta. Certo che capisco che funziona così. Il problema è che NON SO COME FARE. Questo è il vero ostacolo, sempre. Questo è quello a cui servono i maestri. Ti devono guardare e devono capire perchè non riesci a farlo. Devono scovare dei trucchi perchè tu riesca a farlo.

Ecco una signorina assai brava che colpisce la pallina al centro della racchetta

Ecco una signorina assai brava che colpisce la pallina al centro della racchetta

E avendo letto una parte del libro della Sandberg, di cui riconosco l’importanza come voce, manifesto, memo eccetera, sono d’accordo che alla domanda “non so come fare” non sa dare una risposta.

Ma personalmente penso anche che la risposta possa venire solo da dentro. Ognuno ha un suo personale NON SO COME FARE. Che cambia nel tempo. Che muta con le esperienze che si fanno. E un buon maestro è quello maieutico, quello che è capace di aiutarti a trovare le risposte che stanno già dentro di te.

Le dolci colline marchigiane tra cui colpiremo palline su palline, speriamo con tanti centri

Le dolci colline marchigiane tra cui colpiremo palline su palline, speriamo con tanti centri

Almeno per quanto riguarda il tennis, noi Virginia i buoni maestri stiamo per andarli ad incontrare. Per tutto il resto, lo faremo a settembre. Perchè, Virgì, fa caldo…

Yours Antonia

Gita in montagna con panchina goethiana e orchidea

Cara Virginia, non immagineresti quali sorprese riservi la Svizzera, paese famoso per orologi, cioccolato e casseforti piene di denaro di provenienza non accertata. Dunque ieri sono andata a fare una gita (ooops, un’escursione) con Sentierando. La prima sorpresa è stata questa organizzazione scoperta per caso, che si è rivelata simpatica e piena di calore, direi addirittura affettuosa nel suo approccio con gli escursionisti e la montagna. Paolo e Claudia ci hanno portato al Passo del Sett, percorso aperto dai romani che come sappiamo non stavano fermi un attimo.

La valle per cui si sale è molto aperta e molto bella e molto verde, probabilmente anche molto frequentata, sebbene non ieri, come testimonia questa panchina che mi ha subito fatto venire in mente Goethe, i suoi viaggi e le sue meditazioni.

Una panchina da meditazione, chissà se Goethe era passato da qui

Una panchina da meditazione, chissà se Goethe era passato da qui

Un’altra meraviglia me la ha destata un’orchidea, che nella mia ignoranza mai avrei riconosciuto ma mi è stata fatta notare da un naturalista che faceva parte del gruppo. Ha raccontato anche moltissime cose interessanti su queste piante che io credevo vivere solo in climi caldissimi e umidissimi, e invece proliferano qua e là allegramente, con forme magari non del tutto visibili all’occhio.

L'insospettabile orchidea di montagna. Se la guardi da vicino i fiori hanno la bellissima forma nota. Ma sono stati ridotti e compattati per affrontare venti e camosci...

L’insospettabile orchidea di montagna. Se la guardi da vicino i fiori hanno la bellissima forma nota. Ma sono stati ridotti e compattati per affrontare venti e camosci…

Poco prima di arrivare al passo la fresca sorpresa di una fontanella: un’acqua buonissima, persino troppo fredda da bere subito (tu, Virginia, con il tuo gusto per l’acqua in forma di ghiaccio, l’avresti trovata appena tiepida) e una meraviglia da conservarsi per il pranzo all’arrivo.

E qui una certa superiorità nella conservazione e valorizzazione della montagna agli svizzeri va riconosciuta

E qui una certa superiorità nella conservazione e valorizzazione della montagna agli svizzeri va riconosciuta

Ecco la prova provata della meta raggiunta

E infine raggiungiamo il passo. Non si vede nella foto ma anche qui troviamo un’altra panchina. Facciamo il nostro picnic, ci riposiamo e c’è un fresco, un’aria leggera che verrebbe voglia di fermarsi qui. Il 3G prendeva benissimo, gli efficienti provider svizzeri avevano già preso in carico gli utenti Vodafone, Tim, Wind, Tre e quant’altro. E vicino alla fontanella c’era una malga che era stata ristrutturata con cura ed eleganza. Di un ufficio transumante che segua le variazioni di temperatura, che ne pensi?

Già, dimenticavo che sei in missione “Dal Manzanarre al Reno” e non mi risponderai, questa settimana.

Walking Antonia

Vuoto e pieno

Cara Virginia, girellando su Tumblr (sul quale è presente anche il nostro blog) ho trovato una citazione da Marc Levy che mi ha colpito:

“Davvero uno strano concetto, il vuoto. Il vuoto è pieno di cose a noi invisibili. Il tempo, da parte sua, passa e cambia tutto, modifica la corsa delle stelle, culla il cosmo con un movimento permanente e anima il gigantesco ragno della vita che cammina sulla tela dell’universo. Non è una dimensione affascinante, questo tempo di cui ignoriamo tutto?”

pieno e vuoto jing

Marc Levy è uno scrittore francese di cui ho sentito parlare ma non ho mai letto nulla. Su vuoto e pieno si basano certe filosofie orientali di cui non so quasi nulla. Ma mi piace l’idea che il vuoto non esista, che sia un pieno che non siamo capaci di vedere. L’universo non è vuoto. Noi non siamo vuoti, una testa vuota è un modo di dire. Eppure il senso del vuoto ce l’abbiamo. Che si manifesta come incapacità, in certi momenti, di vedere il pieno. Alle volte perfino come una percezione fisica. E’ forse per questi momenti che andrebbe salvata questa citazione, non pensi?

Pondering Antonia

Cara A., mi vengono in mente le varie discussioni che alcune amiche buddiste mi hanno regalato e di cui, non praticando questa disciplina filosofica, so poco anch’io. Ma so che il vuoto o il concetto di vacuità (da non confondere sia ben chiaro con vaghezza) è un perno di questa filosofia e che non spaventa affatto chi pratica la meditazione. Leggendo infatti il tuo commento coglievo soprattutto il senso negativo del termine e mi trovavo ad alzare il sopracciglio, come a dire: che c’è di male nel vuoto, nell’assenza di pensieri? Anzi forse è un buon modo per cominciare a riflettere, liberandosi delle “impalcature”. Certo è un vuoto che si prepara ad altro, credo. Ma qui spero di essere aiutata da qualcuno/qualcuna che ne sappia più di me. A me il senso del vuoto non spaventa, purchè sia armonico, cioè me lo sia procurato io. Sarà il solito problema del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

V.

Una piccola grande storia di creatività

Cara Virginia, oggi ti voglio raccontare la storia degli orecchini che ho indosso e che vedi qui sotto.

orecchini decente ok

Perché è una storia che mi piace e perché è un esempio di quello che è per me la vera creatività.

orecchino singolo ok

Come si vede dall’ingrandimento, si tratta di due medagliette, di quelle che una volta si regalavano per i battesimi e le prime comunioni. Un’amica che di mestiere fa l’orafa, Anna Minotto, e lo fa con le tecniche e gli strumenti di una volta, insegnatele e trasmessele da suo padre, un giorno, ma tanto tempo fa, mi aveva detto “sai, se hai delle cose di famiglia che non metti, portamele a far vedere, si possono recuperare in tanti modi“. Si chiama come me, questa amica, e deve essere molto paziente. Non so quanto tempo è passato da quella proposta.

Però è arrivato un giorno in cui ho raccolto quello che nonne, zie, prozie e cugine avevano lasciato, ho messo tutto in borsa e sono andata dalla mia omonima, nel suo laboratorio di Milano. C’era una bustina che era tutta di medagliette, e devo dire che da un lato mi dispiaceva liberarmi di piccole cose che a loro tempo avevano avuto tanto valore, ma dall’altro lato sapevo che non ne avrei mai usato una, di quelle medagliette. Ma mentre le tiravamo fuori dalla loro bustina, l’orafa ha notato che ce n’erano due uguali. “Questo non mi era mai successo”, ha detto. Su entrambe era scritto Nonni e Neva, e le date erano molto vicine, quindi dovevano essere una mia e una di mia sorella. Con le sue piccole e agili mani l’orafa ha preso le due medagliette, le ha affiancate e ha detto “Ci facciamo due orecchini. Gli lasciamo anche l’anello, ci montiamo solo un perno e la farfallina di chiusura.” Non c’era esitazione nella sua voce. Esile ma convinta. E non c’è stata nessuna esitazione neppure in me. Ho detto “Fantastico. Perfetto.” E perfetto è veramente l’aggettivo giusto.

Ecco Virginia, questa è la creatività. Nasce da qualcosa di profondo ma quando emerge alla superficie è pulita, limpida, non ha bisogno di lunghe spiegazioni e convincimenti. E tutti la vedono, non c’è bisogno di uno studio specifico.

E io penso ai miei nonni, e alla mia zia, che da qualche parte in un altro universo a noi sconosciuto mi guardano la mattina mentre esco con le medagliette trasformate in orecchini, e sorridono soddisfatti.

Antonia in awe

Cara A., grazie a te, ho avuto il piacere  di conoscere Anna Minotto e non posso che aggiungere che Anna ha della magia: ha quella capacità di ascoltarti come una maga, con curiosità e intelligenza; lo capisci che gli oggetti per lei  non sono mai solo oggetti, ma storie e pezzi di vita che ci portiamo dentro e che ci danno un senso. Prima di decidere come modificare la materia lei vuol capire bene che cosa quell’oggetto vuol dire per te e che cosa potrebbe diventare a partire dalla direzione che hai suggerito tu. Se ci aggiungi un gusto raffinato e direi innovativo, il gioco, tanto difficile quanto magico, è fatto.

V.