Philomena: andate a vederlo!

Cara Virginia, faccio questo incitamento per i nostri amici lettori, perché proprio questo film mi è piaciuto e vorrei che tutti lo vedessero.

Di che cosa parla il film hanno detto moltissimo  tv e giornali, per cui basta ricordare che è una storia vera, di una signora irlandese che cerca il figlio avuto da ragazza, mentre era in collegio dalle suore, e da quelle stesse suore dato in adozione. Come finisce la ricerca non si può dire, visto che voglio mandare tutti i nostri lettori al cinema. Del resto nemmeno tu penso che lo abbia visto, e non ti vorrei mai togliere il piacere del vedere svolgersi la storia.

il trailer di Philomena

Ma quello che mi è piaciuto del film è anche altro. Judi Dench è fantastica ma si sapeva. Stephen Frears ha la regia asciutta e leggera dei britannici ma si sapeva. I cattolici irlandesi superano in talebanismo gli italiani ma si sapeva. E quello che non si sapeva non sta nella trama o nelle emozioni a volte forti che pure ti suscita. Sta in quell’equilibrio delicato delle scelte personali: il momento in cui si dice “ho deciso” e quella decisione è solo nostra e insindacabile perché viene da dentro di noi. Sta nella capacità di rispettare le decisioni degli altri anche quando la rabbia ci bolle dentro e non siamo per niente, ma proprio per niente d’accordo: perché i confini invisibili tra le anime sono invalicabili. Sta nella complessità di una vita in cui dolori e gioie, buio e luce sono ben distinti ma anche inseparabili: non ci è data un’altra vita, ma quella che abbiamo può essere molto piena. Questo mi ha trasmesso il film. E non mi sembra poco…

E certo Virginia, non mi potrai rispondere finché non avrai visto il film. Ma intanto apriamo ai commenti dei nostri lettori, che dici?

Admired Antonia

Natale da tre soldi

Cara Antonia, il titolo del post ti suonerà strano, ma leggi e vedrai che ha un senso. Ho visto uno spettacolo ieri sera in un teatro milanese, di quelli che stanno in periferia, ma che hanno un cartellone, qualcuno direbbe alternativo. Produzioni low cost e sforzo creativo, come credo i tempi richiedano. Al teatro Ringhiera lo spettacolo era tratto dall’Opera da tre soldi, ma era uno studio attento direi dei personaggi femminili dell’opera. Polly Pitchum si presenta formulando il proprio monologo con tre toni diversi: la brava ragazza, la ragazza tenace e poi l’insieme delle tre, rigorosamente vestita come una donna del sud Carolina con tanto di cappellone a falde. Il papà di Polly, capo dei mendicanti di Londra in questa versione sparisce per lasciare il posto a sua moglie, che comunque nell’opera aiuta il marito negli affari ed è  la mamma esagerata e invadente, lestofante come il marito.

Mamma_polly_pitchum

La versione drag deella mamma di Polly Pitchum

Le Ninas Drag Queen sono state fantastiche nel raccontare un’opera che a suo tempo aveva fatto scalpore, per voler coinvolgere il proletariato, come si diceva in quegli anni e farlo discutere circa il malcostume della classe abbiente,  rappresentando prostitute, ladri e mascalzoni matricolati alle prese con lo strapotere degli abbienti. Per ironia della sorte l’opera aveva avuto successo proprio nella classe che intendeva colpire, la borghesia.

La tradizione dell’opera è salva: le canzoni presenti nell’opera originale ci sono in parte e tra queste la ballata di Meckie Messer non manca, ma in totale c’è lo spirito critico e l’ironia intelligente del testo brechtiano.  Qui lo scalpore è che l’annuncio della grazia a Mackie Messer viene fatta sul play back di Petula Clark, Down Town. Del resto Brecht aveva dato indicazioni che l’annuncio venisse fatto da un messaggero a cavallo latore di un messaggio della Regina. Ogni epoca ha il suo scalpore.

V.

Cara Virginia, ecco come ci se la passa in città, dove le brume possono essere dimenticate dal fulgore del teatro! Ricordo (e qui chi non avesse capito l’età di Antonia se ne può fare un’idea) quando Brecht era IL TEATRO da andare a vedere, ricordo anche una professoressa più che illuminata che ce ne parlava al liceo. Ricordo anche come, giustamente per certi aspetti, sia stato oggetto di critiche e dileggio. Ripreso così, con una protagonista drag queen, mi sembra che gli farà piacere.

Mettiamo anche nel nostro Natale da tre soldi tanta creatività, visto che il resto langue?

Senti, però, la prossima volta che vai in un teatro di periferia dove hanno tanta creatività e pochi soldi mi avvisi prima che magari vengo anch’io?

Il bosco d’inverno

Cara Virginia, un breve post per raccontarti la gita di ieri. Gita breve, post breve. Molta acqua. Neve parzialmente sciolta dalla pioggia. Pioggia sottile e silenziosa, costante, come essere dentro una nuvola invece che sotto.

bosco d'inverno

Silenzio, come sempre nei boschi d’inverno, quando anche gli animali se ne stanno rifugiati e ben nascosti. Gli uccellini ad esempio, saranno tutti migrati al caldo? Le lepri hanno lasciato delle tracce, probabilmente quando questi fissati che devono camminare con ogni tempo si sono tolti dalle scatole esc0no a sgranchirsi le zampe, a cercare qualcosa da mangiare. Se non fosse così inospitale, sarebbe bello fermarsi in un bosco d’inverno a cercare dove si nasconde quella vita che poi, tra due o tre mesi, riemergerà cantando, sgorgando, correndo. E anche questo ti racconta, il bosco d’inverno: che le nuvole ci sono e possono anche decidere di fermarsi per giorni, che le stagioni non sono un’opinione (neppure le mezze stagioni), che quelle sporadiche foglie prima secche e ora zuppe d’acqua ancora attaccate al ramo fanno solo da eco alle tristezze personali. Loro sono lì e per la natura, madre natura, hanno lo stesso valore. E anche per noi, guardando bene, hanno la stessa bellezza.

Grazie a Sentierando per l’accompagnamento, per il pranzo di Natale in buona compagnia, e per le befanine che appenderemo al camino!

Antonia in a wintery mood

Io sono il capitano della mia anima

Cara Virginia, non abbiamo a suo tempo dato l’addio a Nelson Mandela, che pure è tra le figure indimenticabili della nostra vita e del nostro tempo.

Una bellissima foto di Nelson Mandela

Una bellissima foto di Nelson Mandela

Lo faccio ora, con un ritardo che a lui certamente non importerà, con la parte conclusiva di una bella poesia, che mi ha mandato un’amica: viene da Invictus, film che non ho visto ma che, come proposito per il nuovo anno, vedrò.

Non importa quanto stretto sia il passaggio
Quanto piena di castighi la vita
Io sono il padrone del mio destino
Io sono il capitano della mia anima.

Direi che questo è un buon modo per augurare buone feste ai nostri lettori (magari scriviamo ancora nei prossimi giorni, ma just in case gli auguri li facciamo subito).

Antonia at the end of the year

Provocazioni o prevaricazioni?

Cara Virginia, è Natale e dovremmo, crediamo, di essere tutti più buoni. Certo fra le panzane che ci vengono ammannite quotidianamente questa è una delle più grosse.

Perchè contemporaneamente è stata lanciata una Pubblicità Progresso (bada bene alla parola progresso) in cui si voleva evidenziare che le donne non possono esprimersi al 100%. Ed ecco in 48 ore la fine che ha fatto:

La pubblicità progresso con l'orrendo completamento della frase

La pubblicità progresso con l’orrendo completamento della frase

Lo racconta la nostra amica ciabattinadx in questo pezzo:  http://wp.me/p3FiXB-bg.

E l’aveva raccontato L’espresso: le frasi sono state completate nel giro di 48 ore, con un trionfo di violenza e volgarità che fa paura. Io mi sono veramente sentita male a vedere l’immagine che ho riportato qui sopra. Altre dicono “Dopo gli studi mi piacerebbe… battere”, “Vorrei che mio marito… picchiasse più forte”.

Faccio fatica a scrivere un commento, cara Virginia. Lo so che sono provocazioni.  Ma un po’ io ho un problema con le provocazioni: ti mettono in un angolo, ti costringono a scegliere tra subire e reagire con l’impeto dell’emozione che ti hanno appena scatenato. Fanno presto a diventare prevaricazioni, le provocazioni.

Dice giustamente ciabattinadx che la volgarità, diventata universale, è diventata anche unisex. A giudicare da questi manifesti, tuttavia, l’oggetto della volgarità violenta non è tanto unisex…

Dammi il tuo conforto, Virginia!

Desolated Antonia

Cara A, difficile confortarti su questo tema. Non mi stupisco tuttavia del tenore: mi sono occupata di violenza alle donne in anni non sospetti, quando vigeva il detto “I panni sporchi si lavano in famiglia” e altri detti affini. All’epoca stavamo attente e attenti alle parole che come le azioni sono pesanti e lasciano il segno. Tuttavia noto che siamo tornati indietro, che c’è mancanza di memoria e ancor meno di modelli femminili che interagiscano.  E torna l’idea del ruolo passivo della donna, come di un essere da castigare. Mi vien da dire dagli esempi: come parlano male gli uomini della propria sessualità!!

Allora si era ottimisti e si ironizzava sugli stereotipi. Te li ricordi due film non a caso americani?

Uno era “Dalle 9 alle 5 orario continuato”, che metteva al bando gli stereotipi sulle donne al lavoro e le idee del boss sulle stesse:

e l’altro era “Il club delle prime mogli”, dove le tre splendide antagoniste facevano uno sgangherato balletto sulle note di You don’t owe me, e ce l’avevano con i loro mariti.

V.

Il booktrailer più divertente del 2013 (e forse anche di sempre)

Cara Virginia, per quanto ami i romanzoni e anche le storie tragiche e strappalacrime, sono molto contenta quando trovo qualcosa di libresco e divertente al tempo stesso! In particolare la categoria “presentazione di libri” online e offline tende ad essere un po’ stantia, molto compresa di se stessa, a volte intensa, a volte persino commovente, ma assai di rado fa ridere.

Quindi oggi devo ringraziare l’amico (se posso) grande twittatore di Einaudi, Stefano Jugo, per aver postato un booktrailer fantastico, che devi assolutamente vedere subito. Ironico al punto giusto, riesce a mettere insieme due libri e tre scrittori, cosa che qualsiasi editore vi direbbe che è impossibile (o ve lo direbbero solo gli editori italiani?).

Little failure di Gary Shteyngart: se tanto mi dà tanto, non ci possiamo perdere il libro! Chi lo pubblicherà in Italia?

Amused Antonia

Cara Antonia, efffettivamente divertente il video: e come dire James Franco strepitoso, ironico; ruba la scena al povero alterego di Gary Shteyngart e ai suoi prodotti letterari. Insomma un messaggio ottimista e motivante per un periodo che tuttosommato è sottotono per troppi motivi, validi o meno che siano. Alla tua domanda su chi pubblicherà il libro, aggiungerei: tradurranno anche il trailer? agli ardui la postera sentenza.

V.

Metti una sera una scrittrice…

Cara Virginia, chiudo questa settimana con il racconto di un bel “soggiorno letterario” con Lauren Beukes, autrice sudafricana di The shining girls (stesso titolo in italiano). Come sai non è la prima volta, neppure per la versione inglese, ti ricordi che avevo conosciuto il simpaticissimo Andres Neuman di cui avevo molto apprezzato il calore e la disinvoltura. Lauren è certo diversa e si accalora moltissimo nel raccontare la violenza in Sudafrica, la disparità di condizione tra bianchi e neri anche a parità di classe sociale, la violenza contro le donne e l’impossibilità di difendersi. Accoratamente dice ci sono delle volte in cui bisogna lasciar perdere. Si vede benissimo che lei non è una che lascia perdere. E questa è una qualità che apprezzo molto. Lo so che alle volte confina con la testardaggine, so anche che può farti fare degli errori: ma dove andremmo senza le convinzioni profonde e non negoziabili?

Lauren Beukes nella "poltrona dello scrittore"

Lauren Beukes nella “poltrona dello scrittore”

The shining girls è la storia di un serial killer che viaggia nel tempo. Una trama che può essere raccontata in un tweet, ci ha detto Lauren. Ma è anche la storia di ragazze luminose e brillanti punite per questo. E’ un omaggio a Stephen King e al suo indimenticabile Shining. Ne sono state lette poche pagine, durante la serata: abbastanza per fare come Gabriella, respinta dalla violenza e poi catturata dalla storia e dalla scrittura.

soggiorno letterario 1

Come sempre, ringrazio Gabriella, Anna Rita e Alessandra (che non ha potuto esserci) per la bella iniziativa e per l’ospitalità. Non mancate di fare altre bellissime serate come questa!

Pleased Antonia

Il mare non bagna Milano

Una prima visione del mare, esterno giorno

Una prima visione del mare, esterno giorno

Cara Virginia, c’era un librodi Anna Maria Ortese che si intitolava Il mare non bagna Napoli ed era un po’ strano, mentre Il mare non bagna Milano ed è come dire un po’ pleonastico.

Ma io quando vedo il mare durante un week end d’inverno ne sento di più la mancanza. Il mare d’estate sa di vacanza ed è bellissimo, ma il mare d’inverno ha un fascino struggente che non ha uguali.

livorno 8 dicembre

Incontro ravvicinato con il mare d’inverno

Ed ecco il tramonto

Ed ecco il tramonto

Ecco il breve racconto per immagini, e questa volta sono stupita che le foto siano decenti, del passaggio del sole sul mare. Non c’è bisogno di aggiungere tante parole, vero?

Admiring Antonia

Cara Antonia, credo che il mare provochi nostalgia perchè sia d’estate che d’inverno è uno degli elementi terrestri che permette di aprire l’occhio sull’orizzonte. Per il tempo che lo osservi hai la sensazione che lo sguardo possa andare più in là dei pochi metri, saturi di cose, che solitamente abbiamo sotto il naso in città. Alle tue immagini, manca lo sciabordio delle onde, che da il senso di potere del mare…ma direi che per stavolta ci affidiamo alla “sola”vista, che è già grata.

V.

Realtà aumentata, oppure no. Considerazioni sui Google Glass

Cara Antonia, si comincia a parlare in modo più esteso della Realtà Aumentata anche in Italia. E lo dico con un certo fastidio per la lentezza con cui i nostri sistemi di telecomunicazione si aggiornano e stanno al passo con l’evoluzione. Nonostante la scarsa diffusione del Free Wifi e la giungla di operatori telefonici e delle relative tariffe, ieri sera, grazie all’evento organizzato da Meet the Media Guru abbiamo visto un noto programmatore di Google alle prese con gli occhiali tecnologici che sostituiscono tutto o in parte lo smart phone. Con gli occhiali sul naso puoi fare le stesse cose: telefonare, cercare un indirizzo, mandare un messaggio, fare filmati…tutto senza mani, con la sola voce. E accorciare ancora le distanze nel caso tu fossi un luminare della chirurgia e volessi condividere con i tuoi colleghi all over the world le tecniche di un difficilissimo intervento.

Ecco a voi in tutto il loro splendore i Google glass

Ecco a voi in tutto il loro splendore i Google glass

Sia chiaro, sappiamo anche noi che la realtà aumentata è un’evoluzione dei contenuti e di un nuovo marketing e che mai come in questo periodo storico – ne siamo una dimostrazione anche noi blogger- ciascuno è autore di contenuti a partire dal proprio punto di vista. Con una battuta mi viene da dire, la realtà va vista con occhiali diversi a seconda del difetto ottico che si ha. I Google glass aiuteranno anche chi è già miope di suo e deve indossare occhiali multifocali per il trascorrere dell’età?

Cara Virginia, era divertente ma anche un po’ alienante vedere lo sviluppatore dei Google glass (uno dei, pare che siano 1500) che parlava da solo, “ok google”, “ok picture”, “ok directions” a seconda di quello che voleva fare, e ricevere prontamente una risposta.

Ma, a parte che mi chiedo se abbiamo veramente bisogno di aumentare la realtà (a me direi che quella che ho basta e avanza), mi viene in mente la stracitata ma sempre vera considerazione della volpe ne Il piccolo principe: “L’essenziale è invisibile agli occhi”. I Google glass sapranno vedere l’essenziale?

la conlusione del dialogo tra il piccolo principe e la volpe

la conlusione del dialogo tra il piccolo principe e la volpe

Quando la conversazione era sacra

Cara Virginia, Isolaria Pacifico che abbiamo conosciuto in Valle Camonica, ha proposto una splendida e arguta “pausa bellezza” su Twitter: la sacra conversazione di Giovanni Bellini, che vedi qui sotto.

sacra conversazione di Bellini

C’è poco da aggiungere. Un dipinto meraviglioso, che ci racconta come nel 1490 la conversazione fosse seria come può essere oggi, e pacata come oggi raramente è. Chissà se si sarebbero mai immaginati che un giorno avremmo fatto conversazione davanti ad un computer passando per un’applicazione dal buffo nome Twitter?

Amazed Antonia